Life of Wine è un evento che permette di capire davvero cosa succede al vino quando gli si dà tempo. A Roma, produttori da tutta Italia portano vecchie annate e le affiancano alle più recenti: un’occasione concreta per vedere come un bianco si allarghi e si arricchisca, o come un rosso diventi più morbido e profondo.
Il tempo modifica tutto: profumi, struttura, equilibrio.
Assaggiare annate diverse dello stesso vino è il modo più semplice per capire
questa trasformazione. Non servono spiegazioni tecniche: basta il confronto
diretto nel bicchiere.
Ecco una panoramica sintetica delle realtà presenti e delle
annate portate, regione per regione.
Sono partito dalla Weingut Plonerhof, della Val
Venosta in Alto Adige, dove Kathrin ci ha
fatto assaggiare il Nörder Cuvée (2015, 2018, 2024), un blend di
Sauvignon, Riesling Renano e Pinot Bianco. Le tre uve maturano in epoca diversa
e quindi fermentano separatamente. Fatta la Cuvée, l’affinamento prosegue in
grandi botti di legno ed evolve con grande coerenza. Sono poi tornato da Kathrin per degustare l’evoluzione del Pinot
Nero Riserva (2015, 2018, 2022) che mi ha entusiasmato, perfetto per
finezza e progressione.
Per l’Umbria, Filippo Antonelli della
cantina Antonelli di Montefalco ha portato in degustazione il Trebium
Trebbiano Spoletino nelle annate 2019 e 2024. Un confronto interessante,
dove il 2019 mostra già le prime note evolutive, mentre il 2024 si presenta con
tutta la sua freschezza e vitalità.
In Abruzzo, Federico Faraone dell’omonima
cantina Faraone di Mosciano Sant’Angelo ha portato il Trebbiano Le
Vigne in una mini-verticale davvero interessante, con le annate 2014, 2021
e 2024. Un percorso che ha mostrato come il Trebbiano d’Abruzzo sappia evolvere
nel tempo: il 2014 con note mature e profonde, il 2021 ancora in equilibrio tra
freschezza e struttura, e il 2024 giovane e vibrante, pronto a crescere negli
anni.
Un salto in Veneto e precisamente a Venezia, con la cantina
Venissa, Isola di Mazzorbo, dove Luca
per i bianchi e Riccardo per i rossi mi
hanno illustrato le etichette della cantina. Per i bianchi, con le etichette la
fa da padrona la Dorona vitigno autoctono. Colore giallo dorato intenso, quasi
ambra, nelle tre annate proposte, ognuna con un nome diverso: 2020 Il
riflesso, 2015 Equilibrio, 2011 l’Oriente. Un bianco unico,
che cambia molto nel tempo. Il 2020 è stato premiato con 95 punti le 4 Viti
dalla guida AIS Vitae 2026. I rossi sono un blend di Merlot 82% e Cabernet
Sauvignon 18%, 12 mesi in barriques di rovere francese di I° e II° passaggio.
Le annate degustate sono state 2012 e 2011.
Poi la Toscana, e in
particolare a Dudda, Greve in Chianti, con Carpineto, dove Laura Ruggieri mi ha accolto al banco. Erano
presenti anche Mauro Chiominto e Sarah Giulia Goldschlag, terza generazione
della famiglia e nipote del fondatore Antonio Mario
Zaccheo, a testimoniare la continuità e la storia di questa grande
realtà toscana.
Il primo vino in degustazione
è stato il Vino Nobile di Montepulciano Riserva 1993, un rosso di grande
struttura, elegante e longevo. Il Vino Nobile di Carpineto ha saputo imporsi
anche a livello internazionale, entrando per tre anni consecutivi (2010, 2011 e
2013) tra i Top 100 al mondo di Wine Spectator, segno della costanza e
dell’eccellenza qualitativa della produzione. È un vino icona per l’azienda,
pluripremiato anche nelle guide e nei ratings italiani. Carpineto, per scelta,
produce solo la versione Riserva oltre al Cru di Nobile, mantenendo un uvaggio
nel solco della tradizione: Sangiovese in prevalenza, affiancato da piccole
quantità di Canaiolo, Colorino e Mammolo.
Poi, sempre annata 1993, il Chianti Classico Riserva,
elegante e maturo, con il profilo classico del Sangiovese affinato oltre
trent’anni. Siamo quindi passati al Farnito Cabernet Sauvignon, con le annate
1998 e 2019: la prima oggi appare come un vino maturo e complesso, la seconda
giovane, potente e già molto apprezzata dalla critica. A seguire il Chianti
Classico Riserva 2020, che Caterina Sacchet, produttrice ed enologa della
seconda generazione, ha definito “una delle più belle annate degli ultimi anni,
destinata a vini da lunghissimo affinamento”. Una primavera fresca, un’estate
calda con buone escursioni termiche e piogge ben distribuite hanno permesso una
maturazione ottimale delle uve, regalando un vino di grande equilibrio ed
espressione varietale. Per chiudere, il Brunello di Montalcino 2020,
premiato con 90 punti le 4 Viti dalla guida AIS Vitae 2026, a conferma
della qualità e della forza espressiva della produzione.
Sempre in Toscana, alla Poggio al Tesoro di Bolgheri,
Roberto mi ha guidato in una verticale di Sondraia
Bolgheri Superiore nelle annate 2010, 2016, 2018 e 2020. Un percorso
affascinante dentro un taglio bordolese di grande struttura, dove il Cabernet
Sauvignon (65%) domina con eleganza, il Merlot (25%) porta morbidezza e il
Cabernet Franc (10%) aggiunge finezza speziata. Ogni annata ha mostrato la sua
personalità: la 2010 con la maturità e la profondità del tempo, la 2016
equilibrata e armoniosa, la 2018 più intensa e vibrante, e la 2020 giovane ma
già promettente, con energia e freschezza. L’annata 2021 è stata premiata con 92
punti e 4 viti dalla guida AIS Vitae 2026.
Poi il nostro amico Roberto De
Saverio mi ha presentato Villa Saletta, la storica tenuta di
Palaia in Toscana, presente con eleganti Magnum. La prima etichetta era 980AD
2016, un Cabernet Franc fine ed elegante, con note speziate e freschezza
vivace. A seguire Saletta Riccardi 2015, un Sangiovese dal carattere
classico toscano, con profumi di ciliegia e tabacco e tannini morbidi. Infine,
le due annate di Saletta Giulia (2015 e 2016), blend di Cabernet Franc e
Cabernet Sauvignon: vini intensi e strutturati, con frutta nera e spezie dolci,
capaci di unire potenza e finezza.
Chiara mi ha presentato Cantine
Dei di Montepulciano, Toscana, con il Bossona Riserva 2013,
2015, 2019: annate che mostrano bene la crescita in finezza del Nobile,
sangiovese in purezza. Le sue uve provengono dal vigneto omonimo, uno dei più
vocati, piantato dal nonno di Caterina Dei, Alibrando, nel 1961. L’annata 2019
è stata premiata con 92 punti e 4 viti dalla guida AIS Vitae 2026. Per
finire Madonna delle Querce 2019, tra i migliori degustati. Caterina Dei
considera questo vino la punta di diamante di tutta la nostra produzione, per
questo ha deciso di dedicarlo al padre Glauco: in fondo all’etichetta si legge
“a mio padre”, un doveroso tributo alla figura di riferimento per la crescita
dell’azienda.
Ancora Toscana, con Francesca
della Fattoria Varramista di Montopoli in Val d’Arno, una cantina che ha
scelto la Syrah come vitigno d’eccellenza. Negli anni ’90 Giovanni Alberto
Agnelli fece di Varramista la sua residenza, curandone ogni dettaglio e
lasciando un’impronta forte. Francesca ci ha guidato in una verticale del Varramista
Rosso (2001, 2005, 2015, 2017, 2019): Syrah in purezza, tranne il 2001 dove
il Merlot accompagna al 10%. Una verticale ampia e affascinante, utile per
leggere lo stile della cantina e l’evoluzione delle annate. La 2017 ha brillato
in particolare, premiata con 92 punti e le 4 Viti della guida AIS Vitae
2026.
Dal Piemonte, cinque amici, Mario,
Roberto, Prospero, Piergiorgio e Mauro, fondano La Stradina a
Gattinara, scegliendo un nome che, come ha raccontato Prospero,
ricorda il luogo dell’infanzia dove giocavano. L’avventura inizia nel 2002, con
la prima vendemmia nel 2004. Era presente proprio il Gattinara San Francesco
2004, vino della prima annata, che porta con sé il fascino degli inizi. Poi
i più recenti Balòs (2019 e 2020), freschi e immediati, e infine il Gattinara
Rusèt (2017 e 2015), espressioni di Nebbiolo eleganti e longeve, capaci di
raccontare la tradizione e la profondità del territorio.
In Emilia-Romagna, Henry-David della
Fattoria Zerbina di Marzeno mi ha
fatto chiudere in bellezza con una degustazione ricca e varia. Abbiamo iniziato
con l’Albana Secco Bianco di Ceparano (2018 e 2024), fresco e luminoso,
per poi passare al Pietramora Sangiovese Riserva (2007 e 2020), che ha
mostrato profondità e carattere. L’annata 2019 è stata premiata con 94 punti
e le 4 Viti della guida AIS Vitae 2026. A seguire una serie di assaggi più
recenti come Tergeno, Poggio Vicchio e Antitesi, ciascuno con la propria
personalità. E per finire, i passiti AR 2021 e Arrocco 2024, due
splendidi esempi di Albana dolce, capaci di chiudere la serata con eleganza e
intensità.
Life of Wine è uno di quegli appuntamenti che ti
ricordano quanto il tempo sia un ingrediente fondamentale del vino. Le
verticali mostrano, senza filtri, come cambiano vitigni, territori e stili,
trasformando ogni assaggio in un viaggio nella memoria e nell’evoluzione.
Un grazie alle cantine che hanno portato le loro vecchie
annate e a Studio Umami e Roberta Perna, capaci di organizzare
con cura e passione un evento raro nel panorama italiano. Life of Wine non è
solo una degustazione: è un’esperienza che insegna a guardare il vino con occhi
diversi, attraverso la lente del tempo
By Antonello













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